martedì 26 marzo 2013

Make the way for youth! (Largo ai giovani!). Un mito senza tempo.

Non voglio essere profetico ne tantomeno nostalgico. La mia e' deformazione professionale. Rivedo, rileggo e analizzo. Oggi, rileggendo dei discorsi di Mussolini, mi sono imbattuto in questo spezzone, una parte del discorso che Mussolini tenne il 17 Ottobre 1932 durante le celebrazioni del decennale della Rivoluzione Fascista. Si citano i giovani. Recita: "Tutti coloro che credono di risolvere la crisi con rimedi miracolistici sono fuori di strada. O questa è una crisi ciclica, nel sistema, e sarà risolta; o è una crisi del sistema ed allora siamo davanti ad un trapasso da un'epoca di civiltà ad un'altra. Là dove si è voluto esasperare ancora di più il capitalismo, facendone un capitalismo di Stato, la miseria è semplicemente spaventosa. Si è posto anche il problema dei giovani. Il problema dei giovani si pone da sé. Lo pone la vita, la quale ha le sue stagioni, come la natura. Ora, nel secondo decennio, bisogna fare largo ai giovani. Nessuno è più vecchio di colui che ha la gelosia della giovinezza. Noi vogliamo che i giovani raccolgano la nostra fiaccola, si infiammino della nostra fede e siano pronti e decisi a continuare la nostra fatica". Mussolini non e' stato l'unico a citare il mito della "gioventu'". Lo diceva Roosvelt nel 1933: "Noi affrontiamo giorni difficili che ci attendono, forti del vivo coraggio che ci viene dalla nostra unita' nazionale, dalla chiara coscienza di voler perseguire e ritrovare gli antichi e preziosi valori morali, con la netta soddisfazione proveniente dal compimento del proprio dovere da parte dei giovani e dei vecchi". Lo diceva Hitler nel 1933: "Il mio programma educativo per la gioventù è arduo. La debolezza dovrà essere spazzata via. Nei miei castelli dell'Ordine Teutonico diventerà adulta una gioventù che farà tremare il mondo. Io voglio una gioventù brutale, tiranna, intrepida e crudele. La gioventù deve essere tutto questo. Essa deve sopportare il dolore. Non deve avere nulla di debole e delicato". Lo disse Stalin nel 1952 auspicando un ricambio interno al partito: "Si è svolto dunque il congresso del partito. I lavori del congresso sono andati bene e a molti può sembrare che tra noi ci sia la più completa unità. E invece questa unità non c’è. Alcuni esprimono disaccordo con le nostre decisioni. Si chiedono perché abbiamo sensibilmente allargato la composizione del CC. Ma non è forse chiaro che occorreva introdurre forze nuove nel CC? Noi siamo vecchi, moriremo tutti, e allora, non dobbiamo forse pensare a chi consegneremo il testimone dela nostra grande causa? Chi la porterà avanti? Per questo occorrono persone, esponenti politici più giovani, fedeli. E cosa significa far crescere un esponente politico, uno statista? Per questo ci vuole un grande impegno. Occorrono dieci, anzi quindici anni per preparare un uomo di stato". Lo disse Sandro Pertini nel 1980: "Io credo quindi al popolo italiano e sono orgoglioso di essere italiano. io credo nei giovani, lo vado sempre ripetendo. Centinaia di giovani hanno preso contatto con me quando ero Presidente della Camera dei Deputati. Qui già 30 mila giovani in questi due anni sono venuti a trovarmi. Ho sempre discusso con loro, discuto con loro, intreccio con loro un colloquio, una conversazione come fossimo antichi amici. Mi sento porre delle domande e dei quesiti molto seri. Quindi la nostra gioventù è seria. . E' vero, vi è una frangia di giovani che si danno alla violenza, che si mettono sulla strada della droga, ma è una minoranza. La stragrande maggioranza dei giovani è molto più seria di quanto ne pensino certi anziani. Guai a noi se non credessimo nei giovani, dovremmo disperare dell'avvenìre della Patria, perchè non siamo più noi anziani che rappresentiamo questo avvenire, lo rappresentano i nostri giovani". Lo ha detto Barack Obama dopo la vittoria: "È diventata forte grazie ai giovani che hanno rigettato il mito dell'apatia della loro generazione, che hanno lasciato le loro case e le loro famiglie per fare lavori che promettevano pochi soldi e poche ore di sonno. Ha attinto forza da quelle persone non più così giovani che hanno sfidato il freddo pungente e il caldo soffocante per andare a bussare alla porta di perfetti estranei, e da quei milioni di americani che hanno lavorato come volontari e hanno coordinato, e che hanno dimostrato, più di due secoli dopo, che un governo del popolo, dal popolo e per il popolo è ancora possibile. Questa è la vostra vittoria". "Il futuro dell'Europa è nelle vostre mani, nelle mani della gioventù franco-tedesca", ha detto Angela Merkel citando De Gaulle (1962). Sono rintracciabili discorsi simili in momenti della storia differenti e in numero quasi infinito. Allora mi sono chiesto: basta parlare di un mito per farlo diventare realta'? Fino a quando i giovani saranno il mezzo e non il fine? Fino a quando prevarra' la retorica sulla realta'? E' la storia che e' ciclica, o lo sono i discorsi? Oppure siamo noi che ri-cicliamo gli stessi discorsi? Chi lo sa.

sabato 23 marzo 2013

Top ten dei miei politici preferiti.

Un amico mi ha chiesto chi sono i leader politici internazionali che preferisco. E vi dico che la maggioranza sono donne. Ecco la mia top 10. Non in ordine di preferenza. In ordine sparso: 1) Cristina Fernández de Kirchner 2) Michelle Obama 3) Matteo Renzi 4) David Miliband 5) Evo Morales 6) Hillary Clinton 7) Michelle Bachelet 8) Alexis Tsipras 9) Dilma Rousseff e Lula da Silva 10)Maria Corina Machado C'e' un po' di destra e un po' di sinistra, un po' di liberismo e un po' di liberalismo. Molto socialismo. Molta cooperazione comunitarismo. In molti di loro si e' espresso e si esprime il mio senso di cominita'. Mi soffermo su quest'ultima la "cattolica" Machado. Il video dice tutto sul perche' mi piaccia. E perche' credo che il Venezuela debba votare Capriles.

mercoledì 13 marzo 2013

Porte e Croci





Oggi leggendo qua e la, mi sono scontrato con una bella citazione di Aldous Huxley che conoscevo per la sua opera "Brave New World" e per i miei interessi rivolti allo studio dei totalitarismi. La citazione e' tratta da "The doors of Perception and Heaven and Hell", tradotto in italiano con "Le porte della percezione":

"Noi viviamo insieme, agiamo e reagiamo gli uni agli altri; ma sempre, in tutte le circostanze, siamo soli. I martiri quando entrano nell' arena si tengono per mano; ma vengono crocifissi soli".





Anche Sherwood Anderson lo diceva, "ogni essere umano al mondo è come Gesù Cristo, e per questo motivo sarà crocefisso".

Per questo a volte penso che la comunità (community) a volte sia solo un modo per sentirsi meno soli. Ma sono altrettanto convinto che le più grandi battaglie le combattiamo da soli. Specie contro noi stessi e i nostri pregiudizi e difetti. Continuando con il lessico religioso, si dice che "ogni uomo ha (o porta) la sua croce". Ma il peso non sarà così immane se la coscienza e' sgombra da qualsiasi forma di pentimento (o ripensamento).
Poi leggi e rileggi e scopri che i "The Doors" scelsero il loro nome ispirandosi proprio all'opera di Huxley (Le porte della percezione). Anche oggi abbiamo imparato qualcosa.

- Marco Fasiolo

martedì 12 marzo 2013

D'Alema presidente? "Salga a bordo cazzo!"

Pare che uno dei prossimi candidati alla Presidenza della Repubblica sara' il baffo. Nella nave Italia incagliata, dove i partiti sono semi affondati, uno Schettino ci vorrebbe proprio. "D'Alema salga a bordo (o in barca a vela) cazzo!". A quanto pare la lezione di 3 settimane fa sembra che non sia bastata. Andiamo avanti.

Con la Germania? Meglio di testa nostra. Lo spread? Ci si pulisca...

Ripensandoci bene, tutte le volte che abbiamo seguito i tedeschi in qualcosa, non abbiamo mai raggiunto l'obiettivo finale. Perche' non andare avanti di testa nostra'? E come dice lo striscione che mi ha suggerito un amico stamattina: "noi con i tedeschi abbiamo perso solo quando eravamo alleati". Sacrosanta verita'. Ma la Merkel direbbe, allora "io avere carta bianca su spread". Bene da bravi italiani rispondiamogli come ha fatto il Presidente Napolitano (degli Sgommati) "e ci si pulisca il c...o". Noi mangiamo meglio, beviamo meglio e vi piace pure il nostro mare? E poi come "cazzo" parlate? Noi italiani abbiamo tutto per essere i migliori. Vogliamoci bene e facciamoci del bene. Caro Peer Telefunken (Steinbrück), sara' anche vero che l'Italia ha eletto due Clown. Ma noi ti rispondiamo: "popopopopopo popopopopoppo!". Imparate a vincere le guerre tedeschi e magari anche le partite di calcio. Quelle contro l'Italia non contro l'Azerbaijan.

lunedì 11 marzo 2013

Perche' amo il Sud America

Un famosa canzone di Celia Cruz recita "porque la pena se va cantando". E si la il dolore si tramuta in canzone, in espressione e in sentimento esplicito. Per questo amo il "latinoamerica" o se vuoi il "Sud America". Per come somatizzano il dolore, la nostalgia. La trasformano in arte. Non si piange sulla "saudade" ma si balla e si canta. E c'e' sempre un Dio che ricuce gli strappi. Le lacerazioni e le ferite della vita. Sono occhi tristi che sorridono. Lacrime di felicita'. E poi l'amore infinito per la donna, la ricerca di una "puttana triste". Un'ultima "puttana triste". Prima che ci colga l'aurora di un nuovo mondo. Prima che finiscano gli "anni della solitudine". A fare da contorno a questo mondo, di disperato bisogno di amare e gioire per non soffrire, il calcio o meglio il "futebol", fatto di artisti di strada, di eroi solitari. Poveri, che al gioco di squadra preferiscono dribbling, gol, sombreri o biciclete. Solo chi possiede la "Garra Charrua" che solo i temerari calciatori "celesti" detengono, puo' capire quanto vale un gol in americalatina. Il Latinoamerica fu terra di deportazione, conversione (forzata), immeticciamento e intra-commistione culturale. Ed e' facile comprendere come il senso del dolore e della nostalgia sia stato confuso con la gioia. In America Latina, contrastare il dolore, come scrisse Eduardo Galeano, non e' altro che "RICORDARE: Dal latino re-cordis, ripassare dalle parti del cuore". E aggiungo spegnere la tristezza attraverso l'arte di vivere. "quando uno ama, ama la lucez y las ombra" (Eduardo Galeano)

giovedì 7 marzo 2013

I sogni della nuova generazione italiana. "Io non ho paura".

Il risultato del voto in Italia cosa ci mostra? Un'italia smarrita. Ma allo stesso tempo ci lascia l'impressione che ci sia sotto sotto una nuova generazione di giovani italiani che ha voglia di cambiare. E' una generazione stufa della solita minestra. Parlo soprattutto della "generazione30". Quei trent'enni che hanno visto di colpo sparire ogni possibilita' di raggiungere le mete sognate e che progressivamente sta smarrendo il senso e la volonta' di sognare. Di credere che domani si puo' fare. Che il "domani" si puo' fare". Son cresciuto in una famiglia dove la paura si accoglieva come uno stimolo, come una voglia di superare se stessi e di mettersi alla prova. Mio padre mi ha sempre detto "i problemi si affrontano quando ci sono veramente". Ma quando arrivano si devono superare. Sono cresciuto con questo slogan, "Io non ho paura". Credo che la mia generazione (i trent'enni) sia tra le piu' preparate che l'Italia repubblicana abbia mai conosicuto. Laureati, bene educati, dal figlio del contadino (come sono io) a quello del gioielliere. Cosa dobbiamo fare allora? Semplicemente dire a noi stessi: "Io non ho paura". Scendere in prima linea. E fare. E fare tanto e meglio. Il coraggio e la preparazione so che non ci manca. Un po' come nel film di Salvatores, dobbiamo solo prendere la bicicletta e cominciare a pedalare forte nel bel mezzo della notte, piu' che possiamo. L'alba arrivera'.